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In pausa pranzo, dalle 2 alle 3, cerco il sole. Rifuggo la claustrofobia di un luogo dove le finestre sul mondo non ci sono, perchè il tuo unico mondo siano le merci, nuove, luccicanti, che ammiccano dalla vetrine. Evado dal temp(i)o del divertimento. Ritrovo il MIO. Fuggo dalla luce artificiale e cerco il sole. Lo cerco dove lo hanno spento, per sostituirlo con un "sole di cartone", cantava qualcuno.
Trovo il sole e sbocconcello i miei panini home made, leggendo un libro che è un macabro ritratto di un paese impietoso, a cui pericolosamente stiamo cominciando ad assomigliare: "Una paga da fame: come (non) si arriva a fine mese nel paese più ricco del mondo", di Barbara Ehrenreich. Un libro di una scrittrice e giornalista che per un periodo della sua vita ha abbandonato gli agi della vita borghese per fare la cameriera e la donna delle pulizie e sperimentare in prima persona le problematiche di sopravvivenza dei lavoratori a basso reddito. Quelli che vivono nelle roulotte o nei furgoni, che si fanno la doccia a casa degli amici. Quelli che porcaputtana si fanno il culo tutta la settimana. Ma il culo vero. E non hanno il diritto a una Vita dignitosa, come Cristo comanda, per chi ci crede.
E quelli che porcaputtana tra poco potremmo essere noi, se non ci svegliamo. Leggete il libro. E incazzatevi. Ma per davvero. E quando dico incazzatevi, mi includo anch'io.