21.2.11

Ùn ti ne scurdà



se non poni le domande giuste, non avrai le risposte che cerchi
se temi le risposte, non farai mai le domande giuste

Molto spesso le persone, anche le più schiette, evitano di andare dritte al punto quando chiedono qualcosa. Preferiscono girarci intorno fingendo indifferenza, ostentando naturalezza, per nascondere il terrore di aprirsi all'Altro. Perché, sapete, anche nel domandare ci si spoglia sempre. Delle nostre curiosità che parlano di noi, di ciò che ci sta a cuore, dei criteri che utilizziamo per catalogare il mondo e chi lo abita, per stabilire chi fa parte della nostra 'gente' e chi no, per decidere chi è degno della nostra attenzione e del nostro affetto e chi potrebbe invece deluderci, annoiarci o, peggio, ferirci a morte.

Mi scopro tremendamente negli ultimi tempi e, nel farlo, sorrido per la naturalezza con cui lascio cadere le mie vecchie, ottuse barriere. Mi accorgo soltanto ora che in realtà non mi sto scoprendo affatto, che, casomai, sto togliendo strati di polvere e teli di plastica dalla mia 'scultura'. Lascio finalmente che il sole e le intemperie la colpiscano, stratificandola. Permetto allo sguardo di percorrerla come mai prima. Ed è uno sguardo che non incenerisce, ma dà calore. E sento di volerne ancora.

Le persone vanno e vengono, come e più delle stagioni. A volte ritornano, alcune uguali a se stesse, altre cambiate, altre ancora evolute ma riconoscibili da un dettaglio, un modo di esprimersi, di gesticolare, di guardarti. Vorresti non doverne mai fare a meno, ma la vita è questo. Arrivi e partenze. In ordine sparso. E sai che devi prendere e dare tutto quello che puoi. Finché avrai respiro. Finché ci sarà più slancio della paura. Finché l'adrenalina ti spingerà al di là dei tuoi limiti, in cerca di aria pura.

E allora pensi che sì, puoi fare a meno di quelli che se ne vanno, puoi lasciarli andare senza frignare, consapevole che potresti non rivederli, che potrebbero non sentire affatto la tua mancanza, come tu potresti non sentire la loro. E pensi che, in fondo, sei già stata abbastanza fortunata ad averli incontrati. E non solo per sbaglio.

Vivi la tua vita, ama e sii riamato,
ovunque te ne andrai.
Promettimi soltanto
che non mi dimenticherai!


YUKI, AKA PRISMA

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Immagine: Dancers - Jonathan Borofsky

Soundtrack: Ùn ti ne scurdà - I Muvrini


...possa questa meraviglia arrivare fino a Te...



È s'è tù voli
Tù voli andà

U mio battellu

À navicà

Stasera voca

Pè issi quallà

Porta l'amore

È lu campà

Salutami li nostri

Chì sò da mare in dà

È tutti l'altri

Ùn ti ne scurdà

Vai

È ùn ti scurdà

È ùn ti scurdà

Di u to vultà

Vai

Ùn ti ne scurdà

Ùn ti ne scurdà ...

20.2.11

Three Roses




So che mi hai vista guidare sicura su quell'auto che a settembre diventerà maggiorenne. Le mani salde sul suo volante ti sento più vicino, a tratti mi sembra di sentire ancora il tuo odore impresso sui sedili, di averti ancora al mio fianco, sicuro di poterti affidare a me che fino a poche settimane prima ero soltanto una passeggera.

Ad anni di distanza dal conseguimento di una patente mai utilizzata, sto da poco riscoprendo il piacere della guida. Ancora una volta il Caos della vita mi ha spinta in avanti e mi ha buttato nella mischia, facendomi (ri)scoprire il gusto di giocare. Giocare a fare l'adulta cercando di non prendermi troppo sul serio, io che ondeggio da sempre, in bilico tra la mia socievole solarità in espansione e un oscuro abisso introverso che trascina a fondo.

Era dalla fine di ottobre che desideravo passare a trovarti, su quelle sponde che raggiungevi ogni estate per mescolarti tra i bagnanti. Ho scelto il giorno del tuo compleanno per venire a salutarti, e tre rose da regalarti...


YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: Indaco Dagli Occhi Del Cielo - Zucchero

18 febbraio 2011

Al mio ritorno a casa... alla radio stava andando questa canzone...



Oramai
Mi consola
Oramai
Mi sorvola
L’amore invano
Cosi’ leggero

E piovono baci dal cielo
Leggeri come fiori di melo
Gocce di mercurio dal cielo

Oramai baby
Sono immune
Oramai
E’ come un fiume
L’amore invano
Cosi’ leggero

E piovono baci dal cielo
Leggeri come fiori di melo
Indaco dagli occhi del cielo

Sinceramente
Cosi’ leggero

Ti soffio tanti baci dal cielo
Leggeri come fiori di melo
Gocce di mercurio dal cielo

Esplodono baci dal cielo
E i nostri bei figli sul melo
Indaco dagli occhi del cielo
Indaco dagli occhi del cielo
Indaco dagli occhi del cielo

E questa è l'originale...

Everybody's Got To Learn Sometime - The Korgis

18.2.11

18 febbraio 1940




Sembra incredibile siano passati tre anni.

Buon compleanno Faber, buon compleanno papà...
Un bacio al cielo...


YUKI, AKA PRISMA

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13.2.11

Point Blank



[ Un 'racconto'... ]

Talk to me! Talk to me, now! Intorno, solo silenzio. All'alba di ogni resurrezione non c'è redenzione, ma silenzio, ne sono sempre più convinto. Se mi concentro riesco persino a sentire l'eco sorda dei miei pensieri, quelli che un giorno appoggiai sul davanzale della mia finestra, sperando che una folata di vento li raccogliesse. Sono passati anni ormai, e quasi mi sembra di averlo soltanto sognato.

Da allora ti inseguo, ti scruto, ti fiuto come si fa con le prede, anche se non sono io a cacciare ma le tue tracce a inseguire me. E' come se avessi lasciato acceso il baracchino con cui giocavo da bambino ed oggi non riuscissi più a spegnerlo, mentre nel frattempo voci ignote continuano ad auto vomitarsi dall'apparecchio e ad attraversare il muro del suono del mio cervello. Le sento, porca puttana, e come se le sento! E sono certo di non essere pazzo. Sono voci impercettibili a orecchio umano, sono solchi che scavano lenti i loro cerchi sull'anima. La mia. La tua. La nostra. Con tutto quel che ne consegue.

Oggi ho acceso questa pagina bianca. Oggi ho deciso che l'istinto la farà da padrone. Le mie dita corrono e si inseguono quasi da sole. Non voglio fermarle. Non voglio fermarmi. Perché è nel riflesso delle mie stesse paure che si è incagliata la nave. You know you can make it, you stupid!, continui a ripetermi. E in fondo so che hai ragione. La mia è soltanto paura. Di farcela. Di andare per mare. Di essere felice, per Dio! Perché è molto più facile crogiolarsi in un dolore che si conosce, che lanciarsi nell'ignoto.

Io ti amo, Dio solo sa da quando. Ma non come si amano i comuni mortali. Ti amo per ciò che sei ma ti ostini a non voler vedere. Per il sottile sinuoso dipanarsi di un'anima che è a un tempo diabolica e bambina. Amo l'inquietudine oscura che a volte si disegna nel tuo sguardo e quella risata fragorosa in cui tutto il corpo freme e sembra volerti inghiottire. Sì, ti amo. E non credere che intenda portare tutto questo a compimento. Nella quotidianità non c'è spazio per questo sentimento. Nel tuo svegliarti, nel tuo industriarti, nel tuo cercarti, nel tuo divenire e nel tuo spaventarti non c'è posto per me, non l'ho mai voluto. Siamo nati per nutrirci a distanza. Io più di te.

Ascolto il tuo respiro attraverso le tue parole e so che un giorno farai lo stesso col mio. Ci ricongiungeremo, laddove l'arte non si confonde con la vita, ma è la vita stessa! Laddove un filo d'erba è tutt'uno con la parola. E il Tutto è indistinguibile dall'Io.

Mi permetterai di leggerti l'Anima, ancora una volta?

YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: The Feeling Of Losing Everything - Archive

Immagine: My Hometown, 12 febbraio 2011

N.d.A.:
apparentemente una dichiarazione d'amore di un uomo a una donna, lo scritto cela in realtà i tormenti di una parte del sé che non riesce ancora ad amare completamente l'altra, e lo struggimento per le infinite possibilità - creative e non - che la vita offre e che solo sarà possibile raggiungere e trasformare in realtà una volta superate le proprie paure di uscire da quel sé temporaneo plasmatosi negli anni con finalità adattive che ora risultano non evolutive. Lungo e difficoltoso è il cammino per conquistare la libertà e rimuovere le barriere interiori che ingabbiano il sogno. Nell'esempio di altri 'esploratori' di abisso, la linfa ed il coraggio per rischia(ra)re l'ignoto che abita in noi.


8.2.11

I Almost Cried My Heart Out




Stanotte, nel buio di una sala quasi vuota, ho tremato, incastonata nella poltroncina 12 della fila K randomicamente assegnatami dal computer della multisala. Sapevo che questo film avrebbe lasciato il segno, ma non che potesse riportare alla luce con forza ferite ancora aperte. Avevo volutamente evitato di informarmi sulla trama, per lasciarmi trascinare nel vortice dalla storia senza preconcetti, e forse è stato meglio così. La paura di ritrovarmi faccia a faccia con certi demoni avrebbe rischiato di farmi rimandare una visione che invece era necessaria, ancorché dolorosa.

La cupezza delle atmosfere emotive e esteriori, la cruda violenza delle dinamiche socioeconomiche di una Barcellona suburbana, unite all'interpretazione sofferta e carica di intensità virile di Bardem mi hanno riportato alla mente La Sposa Turca, ma solo per la sensazione quasi costante di morsa allo stomaco e il brivido trattenuto dal trovarsi perennemente in bilico tra due terre di confine, tra autodistruzione e speranza di redenzione. Con la differenza che nel film di Iñárritu la morte non è un fantasma che tormenta o un pericolo che sfiora i protagonisti, ma entra prepotentemente in scena, fino a diventare essa stessa regista degli eventi.

Non ci vuole molto perché i due spettri che incombono sui figli del protagonista si manifestino a noi spettatori. Sono ombre gigantesche che vanno a sovrapporsi, loro malgrado, a quelle due figure di riferimento che dovrebbero sostenere e guidare i bambini, anziché destabilizzarli, come spesso accade quando i genitori stessi sono spinti a cadere da un vento molto più grande di loro. Un vento evocato all'inizio del film, che è lo stesso che ci riporta alla realtà poco più di due ore dopo insieme a un mare dapprima simbolo di incubi infantili, ma che nel corso della storia finisce per assumere una portata ben più drammatica e tangibile, quasi apocalittica. Nulla a che vedere, sembrerebbe, con quel pezzetto di mare appena intravisto dalla finestra di una casa in cui il calore e la stabilità familiare di un tempo sono soltanto un ricordo, che occhieggia sbiadito da vecchie istantanee incorniciate alle pareti.

Ho tremato, sì, ho tremato. Ma ho retto, fin quasi alla fine. Senza mai distogliere lo sguardo, soprattutto quello interiore. E ti ho sentito sai? Ho iniziato a ricordare... e mi è tornato il desiderio di raccontare quegli ultimi istanti. Poco prima che te ne andassi io ti ho sentito. Quando ancora non potevo sapere, eppure sapevo. Eri 'seduto' tra me e lei. La sensazione era così netta, inequivocabile. Eravamo fuori dall'ospedale, su una panchina, al sole. Lei, violentemente fragile, ancora una volta così fuori luogo. Ed improvviso, un vento leggero, di quelli che sono carezze. In quel preciso momento ho capito che te n'eri andato. Dopodiché non ti ho più rivisto, non come ti (ri)conoscevo. Quel corpo raggrinzito, quasi imbalsamato dai lenzuoli, con gli occhi tristemente chiusi, non eri tu. E nemmeno lo era quell'uomo disteso in quell'angusta camera mortuaria, i tratti somatici impietosamente alterati dalla morte e da un trucco posticcio che non ha saputo rendere giustizia all'immagine che avevamo di te. Poi ho dovuto essere forte. Per te, per me, per lei. Una volta ancora. Non poteva essere altrimenti. Ma lui era con me e mi dava coraggio, e questo ti rasserenava. Sapevo che d'ora in avanti avrei dovuto prendere le distanze da lei, come sapevo che tu l'amavi davvero e che avrei dato qualsiasi cosa per proteggerla da se stessa, ma che non avrei più potuto farlo a costo della mia stessa vita. Questo tu l'hai capito soltanto alla fine, dopo l'ultima ricaduta, quando hai toccato con mano quanto di me stessa avevo sacrificato per questo. E quanto della nostra famiglia era stato ogni volta spazzato via dai suoi cataclismi. La vita, che tanto ci ha tolto, altrettanto ci ha restituito, rendendo il nostro addio un'occasione per ritrovarci finalmente uniti, ancora una volta, in quel precario equilibrio strappato coi denti.

Un giorno, mi sono ripetuta in sala e anche dopo, durante il tragitto verso casa... un giorno la Poesia s'impossesserà di me e renderà giustizia a questo Dolore. Fa che ci riesca e che non sia soltanto l'ennesima biografia di un velleitario scrittore, ma un pezzo d'Anima regalato al mondo! Sarà così perché lo sento da sempre, se solo imparerò a non tarparmi più le ali da sola, a riconoscermi quello che merito, a ringraziarmi perché sono qua, sono viva e sono ancora in piedi dopo tutto questo!

Ho conservato in me così tante tessere di puzzle che quasi non le ricordo più. Un giorno, giuro, saprò collocarle, saprò ritrovare in me quell'istinto che solo l'allenamento costante accende e ravviva, e quell'insperata alchimia che può renderci tramiti di disegni universali che nemmeno ci aspettiamo, ma continuiamo a incubare...

...perché da sempre chi sa di essere un sopravvissuto non desidera che una di queste due cose: dimenticare per sempre o vivere abbastanza a lungo per poterlo, un giorno, raccontare.

...e succederà il giorno in cui tutto questo si condenserà nel tuo stesso sussurro, perché ya lo tienes todo, niña mia...



YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: Ravel - Piano Concerto in G - II Adagio Assai (L. Bernstein)


7.2.11

Vasi (Non) Comunicanti




Al confine esatto tra il mio Tempo e il tuo Spazio il fuoco creatore si muove sinuoso, alla ricerca di un letto nel quale scorrere e farsi fiume che genera vita.
E' un dolce sogno ed io mi lascio cullare, satellite ignoto, dal tuo inconsapevole orbitare.


Un muro continua a crescere, nonostante i colpi di scalpello. So - l'ho imparato a mie spese - quanto sia bello anche solo gettare uno sguardo al di là del confine e ritrovare parti di noi che credevamo perdute.

Sono solo sensazioni. Eppure vibrano di Realtà. Non so nemmeno io come chiamarle, ma la mia Anima ha già capito da tempo. Specchi non deformanti, oserei dire arricchenti, porte su un universo alternativo in cui strade diverse hanno permesso incontri di cui qui ed ora conserviamo soltanto un vago ricordo che sa di sogno. Un universo che non è astratta chimera, o ennesimo Godot da aspettare invano per camuffare l'accidia, ma luogo metafisico che già abita in noi, che conteniamo e che ci contiene, da cui dobbiamo soltanto imparare ad attingere di nuovo per diventare ciò che siamo già.

Non lo senti anche tu il potenziale? Non ti interessa, o ne hai soltanto paura?

Ho smesso da tempo di farmi domande. Ho imparato ad accettare che talvolta le certezze più forti davanti alla prova del Tempo sono quelle che ci regala l'istinto. E' come un lento riconoscersi, che qualcuno aveva intuito dall'inizio, quando ancora niente aveva un nome.

Siamo nodi di una rete invisibile agli occhi ed evolviamo insieme, a distanza. Se sei fortunato e tieni gli occhi bene aperti - non quelli esteriori, ma quelli interiori - riuscirai a riconoscere i tuoi nodi gemelli e a trarne una Forza che non potrai non restituire. E' questo il segreto dei vasi comunicanti.

Laddove non c'è pretesa, si muore sempre un po' se l'entusiasmo non è condiviso.
Ed è davvero un peccato.

YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: Coast Off - Helios