5.7.15

Specchietti Per Allodole Retrovisive

Fa così caldo da non aver voglia nemmeno di mangiare. Qualsiasi cosa ingeriresti ora, sai già che il tuo corpo la espellerebbe seduta stante. Ma sai che in fondo è un'altra la temperatura responsabile della tua inappetenza. Ventilare nuove soluzioni adesso non aiuta. E nemmeno lanciarsi in masturbazioni soltanto mentali, perché la mente batte (ancora) il corpo diecimila a uno e oggi non è aria per ingaggiare una nuova battaglia e tentare di sovvertire il risultato. Questa è una banalissima serata torrida italiana, non è certo Over The Top, dove basta un semplice incoraggiamento per ribaltare una partita iniziata palesemente a sfavore.

Mi avevi dato un compito e io ho fallito, perché non ho neanche incominciato. Ho preferito (?) fermarmi ai blocchi di partenza. D'altronde, se mancano le basi, dove cazzo pensavi che potessi mai arrivare? No, ad ogni modo, so già che qualsiasi cosa ti dicessi tu risponderesti rimandando ogni frase al mittente. Ti ho deluso, non è vero? No, mi diresti, è tuo interesse farlo, mica mio! E invece lo so, che in fondo, c'è anche un bel po' del tuo ego a gongolare per i miei progressi (presunti?) e a rodersi per le mie resistenze camuffate da battute d'arresto. Cavoli tuoi. Mica te l'ha ordinato il dottore! E anche se lo fossi, non potresti che prendertela con te stesso/a. Proprio come faccio io. Scacco matto!

Giusto oggi leggevo un interessante paragrafo sulla poesia, in stile jodorowskyano. Arte come cura, poesia come atto creativo che trasforma la realtà. Un tempo era il mio pane quotidiano. La ricerca di trasformazione di energia oscura in energia pulita attraverso la parola scritta. Qualcuno la chiamò poesia. Forse era vero. Oggi ne faccio molto a meno. Paura? Che la poesia non sia che un prolungamento del mio dolore? Quel dolore che sono stanca, da troppo tempo, di provare? Che sbuca da dietro l'angolo non appena mollo un attimo la presa? Non appena sulla scacchiera qualcuno sposta una pedina e tutto va a puttane e si deve ricominciare da capo? Una nuova strategia. Ma tu sei la regina della tattica e adesso che potresti pianificare in campo libero ti senti persa. 

Quando la felicità degli altri inizia ad irritarti perché nei momenti in cui ti sfugge ti ricorda la mancanza della tua, capisci che hai di nuovo oltrepassato un limite. Che forse per te sarà sempre così. Rialzarsi, sempre. Finché, un giorno, potresti essere troppo stanca per farlo. 

Ieri sera sembrava tutto così semplice, non dovevi che allungare la mano. Era tutto alla tua portata, tutto a tua disposizione... Ti fotti sempre su un punto: se il tuo entusiasmo non è condiviso, svanisce. E' questa la gran puttanata. E ne hai individuata pure la causa. Essere felici a prescindere. Ecco la vera missione. Non per essere un povero fesso che ride da solo quando non c'è proprio un cazzo da ridere. Ma per essere  noi stessi la linfa che ci alimenta e ci rende vivi, assumendoci la piena responsabilità di ogni istante. Senza cagare il cazzo al prossimo per ogni nostra luna storta, senza riversare attorno a noi i brandelli infuocati della nostra infanzia ferita. Se solo smettessi, tu, di sentirti in colpa ogni volta che sono triste, ogni volta che sono arrabbiata... ogni volta che finisco per prendermela con me stessa...

YUKI, AKA PRISMA
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Soundtrack: I'm The Man Who Loves You - Wilco

12.6.15

Eden

Canzoni che non vorresti più ascoltare, per evitare che risveglino in te emozioni che non hai nessuna intenzione di provare ancora. Canzoni che brami con voracità famelica, nel tentativo di riportare a te sensazioni e persone che non vorresti mai perdere. Non è mai un caso che ti vengano in mente, all'improvviso, il nome di una band o il titolo di una canzone che nemmeno ricordavi di conoscere. Ormai lo sai bene.

Il demone che ti porti appresso come uno shinigami di fumettistica memoria è difficile da tenere a bada e mangia a sbafo energia che ti costa poi altrettanta energia ripristinare. Un esercizio di stile equilibristico non indifferente. E' che detesti vedere gli oggetti deteriorarsi e le piante ammalarsi. Risvegliano in te un antico sentimento di onnipotenza al contrario. Qualsiasi fremito di foglia, qualsiasi rinsecchimento o avvizzimento è colpa tua. "Se avessi fatto...", "Se non avessi fatto...", "Forse se... allora non...", in un infinito loop di pensieri che tramutano l'Eros in Thanatos, e non puoi farci (ancora) niente.

Davvero quella bambina è ancora così potente? Possibile che ferite invisibili e apparentemente dimenticate brucino ancora così tanto, in profondità, annidate come infinitesimali minuscoli organismi unicellulari nei tuoi circuiti neuronali di adulta? Ti convinci che, trovando la chiave di quel codice a te indecifrabile, sia possibile risalire all'antico innesco che ha prodotto la reazione che ancora adesso si manifesta in presenza di fattori che il sistema interpreta come "scatenanti". 

Un giardino che potrebbe essere l'Eden si trasforma di colpo nel labirinto di Arianna, ma il filo anziché essere rosso si mimetizza, assumendo le fattezze delle radici dell'edera che dimorano e si avviluppano nel sottosuolo, difficili da estirpare o annientare, senza rischiare di danneggiare il terreno e le coltivazioni circostanti. Una casa che hai scelto quando non potevi forse realmente scegliere, diventa sempre più accogliente al suo interno ma ancora, per quanto ti sforzi, non riesci a domarla, a plasmarla, nel suo lato più esposto e selvaggio, paradossalmente il più vulnerabile. Che vorresti amare con tutta te stessa ma che finisci poi per odiare, e la ragione è che ti ricorda, come un impietoso specchio, di cosa siano capaci certi tuoi pensieri quando non vanno nella direzione dello slancio ma della paura di rovinare tutto. 

Cosa ti salva? Un paio di mani calde che sanno toccarti con rassicurante dolcezza, il sentimento che, qualunque cosa accada, la purezza di due profondità gemelle interconnesse non verrà mai meno. Una vicinanza che ricorda quella di Venere e Giove, così distanti a misurare davvero lo spazio e il tempo, così vicini visti da quaggiù, in una tiepida sera di quasi estate
 
YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: Madame Lingerie - "La Cartomante"

9.5.15

Pearls

Hai bisogno di solitudine per scrivere, è sempre stato così. La musica, invece, compagna irrinunciabile, ti fa da guida, da traccia, da ermeneutica forza propulsiva per sciogliere quei groppi dell'anima che non riesci proprio a mandar giù. 

Alla vigilia (molto anticipata, a dire il vero!) di un nuovo viaggio, di tenore completamente diverso dal precedente, te ne stai aggrovigliata nelle tue incertezze, consapevole degli innumerevoli progressi, e cosciente, al contempo, dei tanti pericoli ancora in agguato. Primo fra tutti quei confini troppo labili per permetterti di essere fino in fondo te stessa, nel pieno del tuo potenziale, per consentirti un completo muoverti a tuo agio, ed un dialogo che sia davvero - e non soltanto ipocritamente - alla pari.

I segnali contraddittori che continui a ricevere non aiutano. Anzi. Una porta che si apre e poi subito dopo viene richiusa, quando ci si accorge che, còlto l'invito che si presumeva reale, hai già oltrepassato la soglia. Si recita a soggetto, ma qui il soggetto non sei tu. Casomai complemento, non si sa ancora di cosa. E risuonano, dentro, note ascoltate in tempi remoti, quando lontana ancora era la consapevolezza del loro reale significato. 

E' possibile negoziare, se, in fondo, non si è mai stati davvero alla pari? La domanda contiene già in sé la sua risposta. Ed è no, come quel no che a te non è consentito dire, in quel finto dialogo in cui all'altro capo del filo, nonostante venga richiesto il tuo parere, è già stato deciso tutto fin dal principio, ma a tua insaputa. E' una guerra di posizione, di inevitabile logoramento. E in questa guerra io sono una specie di pioniere, una cavia da laboratorio, che forse, si spera, un giorno spianerà la strada per chi verrà dopo. 

Come si può predicare in un verso, e poi agire in quello opposto? Sciocca! Incredibilmente ingenua! Non sai che è così che da sempre gira il mondo? Non ricordi il detto che cantilenava spesso tuo padre: "Ascolta quel che il prete dice, non guardare quel che il prete fa"? Quante cose mi dicesti un tempo! E come ne continuo a toccare con mano, oggi, la profonda, preziosa verità... 

Se una cosa l'ho imparata, è che, per poter arrivare in fondo al cammino che sto tracciando, si dev'essere ben corazzati. Fintamente ingenui e un po' troppo ottimisti (tanto per farsi coraggio!), ma assolutamente solidi, anche quando dentro ci si sente una pappetta molliccia e tendenzialmente informe. Non è così! Il tempo ce ne darà la dimostrazione. Non c'è spazio per gli sbrodolamenti. Qui non si può giocare d'attacco. Solo tattica. Sempre. 

Conosci il tuo nemico. Se ve ne sono i termini, prova a renderlo tuo alleato, altrimenti... passa oltre. Cerca nuovi compagni di sogni. Costruisci con loro. Non perdere tempo dietro a inutili scaramucce motivate da questioni di principio. Cogli le opportunità, ma non lasciare mai che diventino disonorevoli culs de sac, trappole per topi fessi camuffate da occasioni imperdibili. Qui di imperdibile c'è soltanto la tua dignità. Il valore che ti dai. E con quanto sei disposto a scambiarlo (e bada bene, che non sto parlando di soldi!). 

Forza e coraggio, puoi farcela. Un giorno rileggerai queste  mie parole, e sorriderai a colei che te le ha scritte, pensando di incoraggiarti. 

Ti abbraccio! 

YUKI, AKA PRISMA
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Soundtrack: Sacrifice - Elton John

14.4.15

Diamonds

A poche ore dal mio prossimo viaggio, la necessità di fermarmi e scrivere, vagheggiata e mai realizzata, purtroppo, da giorni, mi trattiene dal necessario e saggio riposo.

Ho riflettuto molto, di recente, sulla necessità del "nuovo" che va necessariamente preparata detronizzando prima il vecchio, scalzandolo con decisione dallo spazio che, il più delle volte, ha occupato per anni per inerzia, e non per effettivo merito o diritto dinastico. Questo processo richiede però primariamente un intimo convincimento che "si può e si deve" lasciar andare ciò che non ci serve, che ci è diventato estraneo, che se indossato ci porta a non riconoscerci più in quei panni che prima pure indossavamo come una seconda pelle ma, in fondo, era tutta una copertura.

Per cosa? Per uno strato più sincero, più limpido, più permeabile al mondo e alle sue ri-evoluzioni? O per quella perla nascosta che soltanto noi sappiamo di avere? Nessuna delle due. O forse entrambe. Quel che è certo è che per molto tempo ho faticato a liberarmi degli oggetti, dei vestiti, dei libri. Non importa quanto siano logori, inutilizzati o divenuti ormai a me irriconoscibili.

Ultimamente, però, modificandosi il mio rapporto con la dimensione del piacere e con la progressiva riduzione, ancorché lenta, di una certa mia rigidità, fisica e mentale, sta diventando sempre meno difficile eliminare almeno ciò che è palesemente stra-consumato, ciò che ha letteralmente fatto il suo tempo, ciò che in fondo non mi è mai appartenuto veramente. E finalmente anche lasciare andare tutto ciò che potrebbe pur continuare a vivere, ma altrove, con qualcun altro, di vita nuova.

Non tutto, va detto, dev'essere necessariamente defenestrato. Ci sono oggetti che facilitano il ricordo degli stati che abbiamo attraversato, come silenziosi e anonimi trofei che al solo guardarli  ci dicono tutto. Ma talvolta l'ostinato voler conservare ad ogni costo qualsiasi cosa diventa azione morbosa, rallentando il necessario processo di crescita. Come a dire che la crisalide non può diventare farfalla se prima non lascia cadere il bozzolo che prima la proteggeva.

Accade così che il lascito non voluto di una mia vita lavorativa precedente esca dallo spazio angusto in cui era rimasto relegato e prenda strade nuove e che questo diventi persino occasione di rinnovamento anche in altri ambiti, foriero di nuove conoscenze e occasioni di convivialità. Non male. Se soltanto ogni volta non mi cogliesse una smania di prendere e andare via, cercando nuova aria! Forse in fondo per scappare ancora una volta da me, mentre mi cerco, talvolta mi trovo, poi rifuggo ancora in un continuo divenire che assume ora l'immagine della spirale aperta verso l'esterno, ora quella del vortice che si richiude in se stesso, spinto da una forza centripeta in lotta con la sua oppositrice forza centrifuga che cerca di riprendere nuovamente il comando. Con la consapevolezza che ho bisogno di entrambe, che entrambe mi appartengono, mi completano.

Domani, dicevo, un nuovo viaggio, diverso da tutti gli altri, eppur simile nell'intimo. La certezza che non potrò mai incontrarti in nessuno di questi, né ovunque io deciderò in futuro di posare il cappello, come diceva qualcuno. Perché non è destino, a meno che non si decida di optare per un colpo di coda e stupirlo, interrompendo il flusso del Matrix con qualcosa di inaspettato. Come noi due che chiacchieriamo e sorridiamo, come se non avessimo mai smesso di farlo. Come una persona che si prepara ad accogliere l'altra che non vede da tempo ed è felice del suo arrivo, e non si sognerebbe mai di lasciarla sola ad aspettare oltre il tempo necessario per sbrigare l'imprescindibile. Come due persone che la distanza non allontana affatto, semmai avvicina, in cui mai si spezza qualcosa dentro, mai accade di sentire il "crack" dell'irreparabile, quello che fa sobbalzare l'anima e ci dice che sarà per sempre.

Oggi, mentre guidavo, pensavo che una volta ho detto che i cerchi si chiudono sempre. Il problema è capire quanto tempo ci mettono.

YUKI, AKA PRISMA

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Soundtrack: Perfect Circle - R.E.M.

30.1.15

Ore Piccole

Imparo a prendermi cura di me. Lentamente, gradualmente. Il mio corpo resiste, talvolta, ai nuovi stimoli, fatica a prendere coscienza delle sue tante parti trascurate o mal utilizzate. E soffre, si irrigidisce, si contorce, talvolta si stizzisce.  

Shhhht!, dice lei. Dolcemente, allegramente. Ascolta il tuo corpo, parla con lui! Lui sa. Lui ti chiede cosa è meglio per lui. Ed io ho fiducia, ma non ne sono ancora tanto sicura. Talvolta ho come l'impressione che invece mi chieda esattamente l'opposto e io, per pigrizia, lo lasci fare finendo poi per star male. Nulla di grave, per carità! Ma abbastanza per darmi l'esatta misura dei miei limiti e delle mie debolezze, sulle quali ho ancora molto lavorare.

Non mancano momenti di perfetto stato di grazia. Il corpo, abilmente guidato, si riposa, accoccolato. In quegli istanti, quando il mio cuore pulsa verso il pavimento, il petto gentilmente inclinato in avanti nella posizione del bambino, e mi trovo in completo stato di abbandono, mi sento più vicina alla radice del mio essere, alla sorgente che mi ha generata. A te. Sì, a te! Incredibilmente... ti sento.

Ci immagino, occhi negli occhi, stessa grandezza e colore, di profilo a guardarci con tenerezza, l'uno lo specchio dell'altra. Io sono te e tu sei me. Semplicemente. Senza alcuna implicazione. Due manifestazioni simultanee della stessa essenza. E mi sento bene. Tremendamente bene.

E' qualcosa di automatico, ormai l'ho notato da un po' e lascio che accada. Quando l'emozione è molto forte riesce persino a commuovermi. E' caldo, rassicurante e, in fondo, mi dico, questa energia così naturale e istintiva, benefica, arriverà pur a destinazione, in un modo o nell'altro.

Io me lo auguro. Perché è bellissimo ritrovare se stessi. Ed è bellissimo sentirsi ancora connessi.


YUKI, AKA PRISMA
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Soundtrack: The Wolves (Act I and II) - Bon Iver

7.1.15

Occhio Nel Cielo


Nella mia testa mi ritrovo a pensarti sempre più spesso e non so quanto la cosa ci faccia bene. E' diventata un'abitudine a cui non so rinunciare, come un pensiero rassicurante di cui sentirei troppo la mancanza, se ne facessi a meno. E' come se fra noi fosse in sospeso un dialogo senza tempo, un antico rito di scambio tra menti che si scoprono affini ad ogni ulteriore disvelamento. Un'inevitabile quanto inestinguibile desiderio di (ri)trovarsi, occhi negli occhi, come in uno specchio, a contemplare un'anima che si percepisce di avere ma che, in fondo, sappiamo di non conoscere mai abbastanza.

YUKI, AKA PRISMA
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Soundtrack: Battle - Blur