25.1.12

Un'Estate Con Monika...




Ieri, per la prima volta, mi sono accostata al cinema di Bergman. A chiamarmi a battesimo è stato Monica E Il Desiderio. Associo da sempre, quasi automaticamente, il regista svedese a tematiche profonde, anche un po' ostiche, perciò mi hanno colpito da subito, di questo film, la naturalezza dei dialoghi e l'apparente 'semplicità' del mostrare due persone ordinarie in pausa dal loro lavoro, fatto che mi ha riportato alla mente il nostro neorealismo e quanto mi piacerebbe che si tornasse anche noi a parlare in modo dignitoso della vita vera, senza tutta quella retorica e palese finzione che permea molto del nostro cinema più recente.

I due protagonisti, Monika e Harry, ci vengono subito presentati nei loro tratti caratteriali più salienti. Spregiudicata la prima, dolcemente ingenuo il secondo. Già in questa prima scena che li vede insieme, al loro primo - casuale? - incontro è inscritto il loro destino. O almeno, d'istinto, è questo che vi ho letto. Monika proietta da subito il suo desiderio di fuggire da una realtà che le sta stretta sullo 'sconosciuto' Harry: "Io andrei lontana, via, e non tornare più! Vagare per il mondo senza meta... Ti piacerebbe?", pronunciata quasi per gioco al bar, prima di riprendere il lavoro. Qui ha inizio il progressivo avvicinamento tra i due, movimento di cui - ai miei occhi - è sin dal primo momento la giovane donna ad avere in mano il timone. Mi verrebbe da dire che è in questo istante che Monika inizia a tessere la sua tela.

Da un invito al cinema inizia la storia d'amore tra i due, che culmina con la fuga di Monika da casa dei genitori e il viaggio della coppia a bordo della barca a motore del padre di Harry, dopo che entrambi hanno lasciato famiglia e lavoro per inseguire il sogno di una vita libera, lontano da tutto e tutti. Il bianco e nero paradossalmente diventa prismatico nel percorso che ci accompagna da Stoccolma a un'isola nei suoi dintorni, fatta di scogliere e natura selvaggia. Mi sono sorpresa di quanto fossero più ricche le immagini proprio per l'assenza del colore, che riuscivo invece a intuire facilmente attraverso i chiaroscuri.

Nel vedere i due giovani cucinarsi da mangiare e lavarsi all'aria aperta, con mezzi di fortuna, mi sono ricordata per un attimo di Into The Wild, della fuga anche in quel caso dalla società e dalle sue imposizioni, culminata poi drammaticamente. Brevemente, per uno strano processo di associazione, ho rivisto nella mia mente anche qualche fotogramma di Aurora di Murnau, e un percorso di coppia inverso, questa volta dalla campagna alla città e poi ritorno, con un doppio finale (quello tragico, soltanto sfiorato - forse il più vero - e quello effettivo, decisamente più hollywoodiano - probabilmente imposto).

Sull'isola l'amore tra Monika ed Harry è dapprima tenerezza e sensualità, gioco e spensieratezza, illusione di eternità che in sé già racchiude l'inevitabile fine. Poi, prosaico declino. Quando il diciannovenne afferma ad alta voce, tenendo l'amata tra le braccia, la certezza che tutto andrà bene e che i due rimarranno insieme per sempre, i suoi occhi ancora non riescono a vedere la caducità di una promessa nata per essere infranta.

Ben presto i problemi inizieranno a farsi sentire, la morsa della fame spingerà Monika, incinta, a procurarsi da mangiare rubando, fin quasi a rischiare l'arresto. La scena in cui, fuggita dalla casa dei derubati, la giovane nascosta nella boscaglia addenta l'arrosto di cui si era impadronita mi è parsa l'apice cinematografico della natura irrispettosamente selvaggia della ragazza. Non sono riuscita mai a percepire del vero amore in lei, ma solo fame cieca e ho provato un istintivo fastidio verso i suoi modi, verso il suo continuo approfittare della bontà di Harry, complice, dal canto suo, nella sua iniziale ingenuità, di un disegno poco pulito fin dall'inizio. Si potrebbe forse obiettare che la giovane sia stata anche lei spinta da un innocente desiderio di trovare l'amore ed una nuova vita - in fondo la sua commozione al cinema davanti a un amore impossibile sembra sincera - ma non posso non pensare alla sua malizia e al suo aver pilotato gli eventi per i suoi interessi. Non è forse un caso che, poco prima di mostrarci Monika risalire a bordo del motoscafo, Bergman indugi su una ragnatela e il suo abile tessitore.

Ho ripensato alle due scene ambientate a casa dei genitori di Monika e allo stridente contrasto tra sua madre, alle prese con i fratellini scalmanati, le faccende casalinghe e il padre amante dell'alcol, e la giovane, totalmente immersa nei suoi bisogni e interessi che, senza mai muovere un dito per aiutare in casa, sbotta in un modo che ho trovato esagerato e chiaro ed efficace indicatore della sua natura egoista, capricciosa e infantile. Così Monika ci appare, infatti, al ritorno in città, dopo il matrimonio e il parto. Da subito è Harry a pensare a tutto. Lavora, studia e bada alla neonata, di cui la moglie non sembra avere alcuna intenzione di occuparsi, nemmeno quando il marito è assente. La protagonista, irritabile e annoiata, lascerà che sia la zia di Harry a pensare alla bambina e alla casa e finirà per tradire il compagno andando a letto con una vecchia fiamma. Non contenta, spenderà i soldi che lui le aveva lasciato per pagare l'affitto per comprarsi un vestito. Queste le gocce che faranno traboccare il vaso e risveglieranno finalmente Harry da un sogno finito da tempo.

C'è un'inquadratura della protagonista, poco prima della conclusione della pellicola, che ne incarna la natura vampiresca, da mangiatrice di uomini. E non si può dire che non ne fossimo stati avvisati. Fin dall'inizio più e più volte, nelle interazioni con i colleghi maschi, con una vecchia fiamma, nel suo stesso modo di esprimersi ("mi si gela il sottoschiena", che in questa forma edulcorata è probabilmente frutto dei traduttori nostrani dell'epoca) e di atteggiarsi davanti allo specchio, Bergman ci ha mostrato chi è Monika. Una donna che pre(te)nde tutto e subito. Capace di amare soltanto il riflesso di se stessa, di dare ordini. Ricorrente quel suo "komm!", "vieni!", pronunciato a più riprese per portare il malcapitato di turno a fare quel che lei desidera. E' questo il ritratto di donna che il regista ci restituisce ed è un'immagine potentissima, universale, oserei dire anche un po' misogina, alla fine di tutto. Ma non è così. C'è l'inganno di un amore, che in realtà amore non era fin dall'inizio, ma che dell'amore aveva assunto le sembianze. Ci sono lo struggimento, i sorrisi, il contatto - questo sì - reale tra due corpi, che dura giusto il tempo di un'estate. E oggi, infatti, cercando qualche dato in rete, scopro che il titolo originale rende giustizia a tutto questo, Un'Estate Con Monika, laddove invece la sua traduzione italiana, Monica E Il Desiderio, mi aveva lasciato piuttosto perplessa.

Se il personaggio di Monika e la storia raccontata possono sembrarci qualcosa di scontato forse oggi che l'emancipazione femminile e la libertà dei costumi sono una realtà, non dovevano esserlo affatto nel 1952, anno in cui il film ha visto la luce. Il vero protagonista, se per tale s'intende colui che nell'arco del racconto affronta un cambiamento, è senz'altro Harry, che, anche grazie all'incontro con la donna, finisce per rivoluzionare completamente la sua vita. Se prima era un semplice garzone, ora è un uomo capace, apprezzato nel lavoro, capace di ambizione e voglia di migliorarsi. Se prima era l'unico figlio di un padre silenzioso, provato dalla precoce morte della moglie, lo ritroviamo padre single, in carriera. Nell'ultima sequenza, la bambina tra le braccia, i suoi ricordi dei momenti felici insieme alla madre di sua figlia non mi sono sembrati rimpianti, né rimorsi. Vi ho letto, nonostante tutto, la gioia quasi incredula per ciò che è stato, e il coraggio e la voglia di costruire un nuovo domani. Per sé e per il frutto prezioso di una stagione ormai finita.

Devo ammettere che il film al primo impatto mi ha irritato, e forse è questa la sua forza. Deve aver toccato un nervo scoperto, il mio fastidio per un certo tipo di donna e, soprattutto, per il fascino che dalla notte dei tempi questo continua a suscitare negli uomini. E' l'universale consapevolezza della crudeltà di un crying game a cui è così difficile resistere. In questo Bergman è stato poeticamente impietoso ed efficace. E lo specchio che nel film pone all'inizio e alla fine davanti ai suoi personaggi, lo ha piazzato in realtà davanti a tutti noi.


YUKI, AKA PRISMA

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SOUNDTRACK: Emeli Sandé - Heaven

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto interessante, come sempre, quello che scrivi. In realtà, il bello di leggerti è che pare di essere avvolti nella poesia e nell'anima.

Vale ha detto...

Ehi, bella canzoneeeeee

k ha detto...

Mi sembra di capire che è il tuo primo Bergman. E' un regista di sicuro non allegro e poco accattivante, amato spesso da categorie di noiosi che non necessariamente amano il cinema. Negli anni ho visto molti suoi film, ho letto molto su di lui ( c'è una critica molto corposa e per l'appunto più noiosa di quanto molti suoi film siano in verità) compresa la sua autobiografia.
Ha girato tantissimi film e a un ritmo che oggi sarebbe frenetico; è stato al tempo stesso un importante e prolifico regista teatrale; ha avuto una vita sentimentale ed erotica molto movimentata, un sacco di mogli, un sacco di amanti e soprattutto figli da rapporti diversi che non sempre hanno tracciato un ritratto edificante di lui.
Non so se ci sia un filo di misoginia nei suoi ritratti femminili, in fondo è stato soprattutto un regista di grandissime attrici. Molti dei suoi film hanno dei profili indimenticabili e affatto scontati di donne e interpreti superlative. Prima del mitico Sven Nykvist a curare la fotografia dei suoi film era proprio una donna, caso piuttosto raro nel cinema in generale.
"Monica etc." è un buon modo per cominciare. Se ti viene la voglia di proseguire un passo alla volta ti consiglio "Il posto delle fragole"; "Il settimo sigillo"; "Luci di inverno"; "Fanny e Alexander" e quel monumento che è "Persona".

Prisma ha detto...

@Carolina: grazie! Detto da te, mi fa molto piacere :) ps. mi spiace non far più parte dei tuoi amici su facebook, ma forse hai fatto bene, è davvero una macchina infernale.

@Vale: :) ho trovato ci stesse benissimo!

@k: grazie mille dei consigli! Ho una gran voglia di colmare certe mie lacune... anche se con libri e film ho uno strano rapporto, un po' come se mi 'chiamassero' loro al 'momento giusto', per cui spesso mi capita di comprare un libro o ricevere un consiglio di lettura o visione e farvi seguito a scoppio mooolto ritardato. Ma in fondo, va bene anche così :)