Oggi è una di quelle sere mosce. Una di quelle sere in cui ti riprometti di fare tutto quello che di solito non riesci a fare. Leggere un libro che ti hanno prestato per esempio (Anna Funder "C'era una volta la DDR"), vedere gli episodi mancanti di The 4400 o di Jericho o magari di Heroes... Questi ultimi in inglese, con sottotitoli.
Eppure dopo varie chiacchierate al telefono, finisco per arrivare quasi alla mezzanotte senza aver fatto nessuna delle cose che mi ero ripromessa. Inevitabilmente vengo irretita da questo magico calcolatore interfacciato col mondo. Un mondo che tanto virtuale non è, se è in grado di regalarmi tante emozioni in parole, immagini e musica.
Comunicazione. Già. Quella per la quale esiste persino una laurea... Dov'è che l'ho nascosta? Ah, sì, nell'armadio del salone, insieme a varie ortopanoramiche.
Stasera, come sempre mi capita in questi ultimi mesi, mi sarei volentieri buttata da qualche parte a sentire musica dal vivo. E magari, perchè no, a ballare sulla sabbia a ritmo dei Cappello a Cilindro. E invece no. Me ne sto a casa. Pazienza.
Credo di essere veramente drogata di musica. Non ne faccio a meno quasi mai. Nemmeno a lavoro. Nemmeno la mattina quando mi sveglio. La musica mi segue in cucina, in bagno... Una eroica radiolina a pile è la mia siringa. Un vizio ereditato da mio padre. Anche lui ne ha una. Anche mamma. Ognuno ha la sua radiolina a pile, che porta con sé ovunque.
Abbiamo paura del silenzio? Non credo. Credo sia piuttosto la voglia inconsapevole di accompagnare ogni gesto, anche il più insulso, con una colonna sonora. Come a rendere tutto meno prosaico. In realtà è un'abitudine talmente automatica, che ormai non ce ne rendiamo neanche più conto. Un po' come respirare.
Prima di uscire di casa, infilo gli auricolari nelle orecchie e mi avvio di corsa giù per le scale. Come al solito, sono in ritardo. Odio esserlo, ma è più forte di me.
Cammino a ritmo delle canzoni. Mi muovo a tempo. Sicura di me. Mi sento una strafica. Anche se non lo sono. Potere delle sette note. E del rock. Il mio genere preferito. Quello che sa darmi sempre la carica giusta. Il mio eccitante senza effetti collaterali, tranne un po' di indolenzimento alle mie piccole orecchie. "Piccole come quelle di un bambino". Ogni volta che vado da un otorino mi sento ripetere sempre lo stesso commento. Eppure questi micro padiglioni auricolari non mi hanno impedito di avere da sempre un forte legame con la musica.
Un tempo suonavo anche. Il pianoforte. Ero bravina, mi dicevano. Poi, un giorno, il nulla. Una brusca interruzione. Un po' causa forza maggiore, un po' causa mille altri impegni, un po' a causa della posizione attuale dello strumento che non favorisce uno studio solitario al riparo da occhi e orecchi indiscreti. In realtà anni fa è scattato in me una specie di blocco, un rifiuto di suonare, per motivi che non sto qui a spiegare. Che magari sono solamente un alibi.
Rimpianti? Forse. Ho sempre sognato di far parte di una band. Sarà per questo che mi tuffo con passione nei concerti. Per provare un po' il brivido della musica suonata davanti a un pubblico, della musica che ti fa vibrare davanti a tante altre persone. Che ti fa sudare e sognare. Che ti fa dimenticare e ricordare.
Un giorno, chissà, potrei decidere di comprarmi una tastiera con le cuffie. Un giorno, magari, potrei ricominciare a suonare. Adesso no. Ho scordato tutto. La sola idea di aver perso la mia abilità di un tempo mi terrorizza.
Per ora mi accontento di ballare, con tutta l'energia che ho in corpo. Per scacciare i dèmoni che ho dentro. Per accogliere la vita. Quella vita che in più di un'occasione ho rischiato di veder franare come una montagna di sale. Quella vita che a volte ho maledetto. Quella vita che ho capito che mi spetta.
Voglio ballare fino a star male. Fino a farmi girare la testa.
Anche da sola.
Soundtrack: Billy Idol - Dancing With Myself
2 commenti:
Di cosa non potresti fare a meno? Se qualcuno mi rivolgesse questa domanda, di sicuro tra le altre cose risponderei: "LA MUSICA".
La musica, la buona musica, ha su di me il potere che non hanno avuto tante altre cose. Come la cattiva musica ha il potere di farmi arrabbiare. Anche io un tempo desideravo suonare il pianoforte, ma è rimasto un sogno mai realizzato. Ora è solo un vago rimpianto.
L'importante è che la mia giornata sia fatta di musica.
Non aver paura di aver perso il tuo talento: come ho scritto anche nella risposta a te sul mio blog, certe cose non si dimenticano mai.
Ciao Daniela.
Che bello trovare i tuoi commenti!
È vero, certe cose non si dimenticano mai. Restano sepolte in fondo al cuore, sotto un cumulo di paure, ansie da prestazione, alibi inventati per non affrontare il dèmone della nostra insicurezza.
Spero un giorno che la voglia di ricominciare a suonare riesca a superare tutto questo.
Per il momento le mie dita compongono armonie digitali rincorrendosi sulla tastiera del computer. Note dell'anima che escono spontanee e si trasformano in parole.
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