20.2.17

Oldies (But?) Goodies

Del perché la stessa persona ne stimi contemporaneamente due diverse, che più diverse non si può, e non nel senso di una miglior texture umana resa possibile dall'accostamento di elementi di diversa forma e colore. Parliamo di due specie diametralmente opposte, nel senso che una delle due, se potesse, eliminerebbe l'altra dalla faccia della terra. Non soltanto metaforicamente. 

Questa è la storia che, a posteriori, con la consapevolezza del "poi" che allora non vi era, va a ricadere nello schema sputtanatissimo, nonché ancor oggi attualissimo, della vittima e del bullo. Nel nostro caso, bulle. L'unica differenza è che eravamo nel lontano 1995 ed allora non esistevano i social networks, altrimenti ben altro e ben più grave esito avrebbe potuto avere questa vicenda, rimasta sconosciuta ai più per oltre vent'anni per evitare di sollevare inutili polveroni (eccezion fatta per due figure maschili che, una protagonista, l'altra orecchio attento ed empatico diversi anni dopo l'accaduto, hanno saputo farsi culla per questo segreto).

Non esistevano i social networks, dicevamo, e nemmeno i telefoni cellulari, ma esistevano le cabine telefoniche (quelle alla Superman per intenderci) ed i pennarelli Uniposca colorati. E due ragazzine che, per passare il tempo un noioso sabato pomeriggio, pensarono bene di inventarsi un bel "giochino" ai danni di una terza, ignara. Il tutto andò a culminare con una serie di chiamate al telefono fisso di casa di quest'ultima, la mattina di Pasqua. Sì, avete capito bene, proprio la domenica di Pasqua! Una serie di voci maschili di svariate età, dall'altro capo di una cornetta, chiedevano di lei, una poco più che quattordicenne, per ciò che senz'altro immaginerete senza che ci si addentri in inutili particolari. Alla richiesta di spiegazioni avanzata dal padre della vittima al terzo tentativo da parte di uno di costoro, questi candidamente giustificò il motivo della sua telefonata nell'aver letto un annuncio scritto su una cabina telefonica, confermando il nome di battesimo della malcapitata e l'esattezza del numero composto.  

Senza pensarci due volte, sotto la pioggia battente, un padre e una figlia si misero in macchina a perlustrare una ad una tutte le cabine telefoniche (e badate bene che in quegli anni ve ne erano decine e decine) di un intero ed esteso quartiere: quella storia doveva assolutamente finire! 

Sulla via del ritorno, ormai sconfitti e preoccupati, videro un'ultima, isolata cabina. Con la forza di un ultimo, disperato, tentativo, lo sportello dell'auto si aprì ancora una volta e la ragazza andò a guardare. Ed ecco lì, sotto i suoi occhi increduli, in uno sgargiante rosa confetto, la scritta maledetta! Un brivido la percorse tutta. Sapeva esattamente chi vivesse proprio lì vicino... e chi delle due possedesse un Uniposca di quel preciso colore. Se aggiungiamo che non molte persone erano a conoscenza del suo numero di telefono, il caso era praticamente chiuso. Non poteva crederci. Sapeva di non esser mai andata a genio a nessuna delle due, ma non fino al punto di arrivare ad un gesto del genere. Prontamente, con l'aiuto di suo padre, la ragazza riuscì a rimuovere l'odioso "annuncio" e, così, ad interrompere la penosa catena di chiamate volgari al telefono di casa sua. Al rientro dalle vacanze pasquali ebbe infine la conferma inappellabile e definitiva dei suoi timori: il pennarello incriminato apparteneva, come ricordava, proprio alla ragazza che abitava vicino al luogo del "misfatto". 

A sua madre non rivelò mai di aver scoperto l'identità delle responsabili di quel dispetto, né a nessun altro. Nemmeno le artefici dell' "innocuo" scherzetto seppero mai che lei sapeva. Una di loro, venne a scoprire per caso anni dopo, se ne andò prematuramente per una brutta malattia. Le dispiacque, nonostante tutto. E non potè fare a meno di pensare al destino beffardo che si era portato via tanto presto proprio colei che aveva dedicato la propria tesina finale alla Nera Signora, mentre lei, che si era occupata del suo esatto opposto, ancora teneva botta, nonostante i molti colpi ricevuti dalla vita in quelli e negli anni a venire. L'altra adesso si è sistemata, ha un lavoro stabile e ben retribuito, un marito e dei figli. E' quella che si può tranquillamente definire una "vincente", almeno alle apparenze. Chissà se ricorda ancora quel pomeriggio di "sano" cazzeggio in cui, per ammazzare un po' il tempo, aveva quasi rovinato la serenità di un'intera famiglia. Probabilmente no.

Per un colpo di fortuna, il danno si potè contenere e arginare nel giro di poche ore. Conseguenze ben peggiori si sarebbero potute avere se quel padre e quella figlia, quel giorno, non fossero riusciti a trovare e rimuovere quell'annuncio... e se, al tempo, la bravata fosse stata compiuta con gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione oggi. Immaginate se al posto di quel numero fisso, che per forza di cose ha portato - e per fortuna! - al coinvolgimento di un adulto che ha contribuito alla risoluzione del disagio, ci fosse stato il numero di cellulare dell'adolescente che magari, per vergogna ed imbarazzo, si sarebbe tenuta tutto dentro. Se il gesto che oggi, col senno di poi, possiamo a buon diritto chiamare un vero e proprio atto di bullismo (cosa che al tempo così non fu perché mancavano gli strumenti atti a comprendere quanto stava accadendo e perché), fosse stato rilanciato e condiviso sui social... chissà come sarebbe cresciuto, magari a dismisura, quel fatterello e se quella ragazza di allora, travolta dal vortice, oggi sarebbe ancora qui per raccontarlo.

Nessun rancore, solo un sano sbigottimento. E la consapevolezza che si trattò di uno strascico che, per un caso davvero raro ma sfortuntato, aveva fatto sì che quanto già vissuto - sempre senza consapevolezza e strumenti di supporto - alle scuole medie si fosse iniziato ad innestare anche dopo, a causa di una lingua troppo lunga. In nessuna delle due situazioni ci fu una reale presa in carico del vissuto di disagio, solo un trascinarsi dentro quei macigni, un tirare avanti e sopravvivere, sentendosi pure responsabile per non sapersi difendere e colpevole di essere "diversa" dalla maggioranza ("outsider" o "nerd", per usare la terminologia di oggi).

Ora quella ragazza, divenuta Donna, saprebbe cosa dire alla se stessa di ventidue anni fa. Come sostenerla, come indirizzarla, anche preventivamente, ad un supporto mirato in grado di riscattarla dalle conseguenze di una famiglia fuori dal comune (per usare un pallido eufemismo) e renderla più corazzata per affrontare la vita sociale e le relazioni tra pari. Ora saprebbe tenderle la mano con amore, non per proteggerla, farle scudo e lasciarla passiva, da "povera", debole vittima dell' "alterità cattiva". Ma per spronarla a conoscere e trovare in sé la forza e quella cassetta degli attrezzi indispensabile per saper stare in mezzo alla gente senza paura. Per non subire più la propria storia personale e familiare e, in ultima analisi, se stessa. Per cessare una volta per tutte di esser calamita del disagio esternalizzato altrui.

Perché raccontare questo, oggi? Perché i segreti, una volta elaborati e digeriti i fatti che li hanno originati, dovrebbero cessare di esser tali e così perdere il loro potere distruttivo per lasciare spazio a nuove esperienze di segno opposto. 

Auguro alla superstite delle due ex bulle (non le avevo mai definite tali finora, ma è questo ciò che sono state in quella circostanza e le cose, per poterle riconoscere per ciò che sono e prenderne le distanze, vanno chiamate col loro nome) di fare tesoro del passato per poter essere un buon esempio per i suoi figli. A loro auguro, invece, di non incontrare mai nessuno che faccia a loro quel che per gioco fece la madre ad una sua coetanea.  E, ovviamente, a loro auguro di non arrivare mai a fare lo stesso ad un loro coetaneo.

Il passato dovrebbe servire per imparare, non per re-iterare. Io, da par mio, ce la sto mettendo tutta. Soprattutto per essere più leggera. Tirar fuori vecchi macigni e condividerli con chi può capirli serve anche a questo.


YUKI, AKA PRISMA
Creative Commons License

Soundtrack: Don't Let It Bring You Down - Annie Lennox

4 commenti:

Domhir Muñuti ha detto...

per vari quanto ovvi motivi dico wow.

cambiando discorso, vedo che non hai mai cessato di scrivere. altre persone del mio giro stanno ricominciando. io non scrivo, ma mi rileggo spesso ultimamente. accade ciclicamente ma stavolta sento una vicinanza maggiore con quel passato mitico. l'epoca d'oro, quella in cui scrivevo ogni giorno e avevo tanto da dire, ero troppo vivo per stare bene e pensavo avesse senso pensare al futuro, risale oramai a un decennio fa. dieci anni non sono niente, ma è un lasso di tempo che ha una sua potenza simbolica, non so come dire.

enzorasi ha detto...

Io certe cose non le dimentico. Una stronzata vigliacca resta quel che è soprattutto se passa via come se niente fosse. Sei stata in silenzio per anni ma a quei tempi che potevi fare? Piuttosto pensi con terrore a questi tempi, quelli dei social, degli smartphone... La forza delle famiglie non mi pare tonificata, anzi. Restano la scuola, gli amici ma forse non basta. Esperienza utile per chi ti legge. Bel post.
Sono sorpresa che tu sia rimasta sui blog, come me del resto.

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Anche tu scrivi ancora come me sul blog, blog che stanno rinascendo. E tu scrivi bene, molto bene ed hai toccato con delicatezza, lucidità e fermezza un tema importante come il bullismo e le sue conseguenze immediate e, salvo eventi tragici, nel tempo. Tornerò a trovarti qui.

Prisma ha detto...

Ehi, che sorpresa! Ben tre commenti, quasi come ai vecchi tempi :-) Ne sono lusingata. Grazie davvero per aver letto questo lungo post di un'anonima "penna" virtuale!

@ Domhir Muñuti
grazie per il wow :-D
Dieci anni sono un botto, in effetti...
In realtà scrivo molto molto meno di prima, risucchiata anche io dai social e non solo... Però poi ogni tanto diventa per me fisiologico tornare qui e fissare qualcosa di particolarmente significativo. Mi conforta sapere che c'è ancora questo luogo per farlo e la possibilità di condividerlo con anime affini.
Rileggersi è un po' come viaggiare nel tempo e rientrare per un attimo nella testa dei sé che siamo stati. Potente, sì!

@ enzorasi
Grazie per essere passato e sono contenta che la lettura sia stata arricchente, in qualche modo!
Sono rimasta, sì... è perché sono un tipo nostalgico :-) anche tu, quindi...

@ Daniele
Sempre un piacere quando passi e grazie, come sempre, per gli apprezzamenti.
Dici che i blog in generale stiano rinascendo? Sarebbe bello... anche se ammetto, facendo il mea culpa, che sono pigra e da parecchio non giro più nella blogosfera. A fatica giro ogni tanto qui...
A presto, spero! :-)