9.2.19

Echi


Nei calendari scomposti che scandiscono il tuo tempo è difficile trovare un posto. Tutto è affidato al caso. Rinuncia o perdita. Impossibile trovare un compromesso. Rintocchi diversi scandiscono le vite degli altri e tu non puoi far altro che adattarti. 

Dipende da te. Dipende sempre da te. Ed è così che ti porti al cinema, dopo due tentativi andati a vuoto. Sprofondi leggera nella poltroncina rossa. Poche persone nella sala del cityplex e a te è stato assegnato il posto nella fila davanti a tutti gli spettatori che ti hanno preceduto. Meglio così. Hai veramente l'impressione che la sala sia tutta tua, non appena i commenti a bassa voce iniziali si lasciano smorzare da una trama che avvince, aggancia, ammutolisce. 

Il finale ti spiazza. Ti alzi per prima. Una signora ti segue di pochi passi mentre apri la porta. La tieni aperta per lei, così decidi di voltarti e sorriderle, combattendo l'istinto iniziale di fuggire via senza guardare nessuno. Saluti anche i gestori e dopo qualche passo sei di nuovo fuori, sul corso principale illuminato che si avvia verso un sabato sera di provincia lento e silenzioso, almeno qui. Dai un'occhiata furtiva alle vetrine dei negozi ormai chiusi, a qualche locale dove coppie e gruppi di amici si apprestano a consumare una cena in compagnia e ti avvii al parcheggio. Devi attraversare un ampio stradone trafficato, nessuno si ferma alle strisce. Sfrecciano velocissimi. Un flash ti attraversa la mente. Lo ricacci indietro. Attendi che il semaforo a mezzo chilometro di distanza diventi rosso e con rapide falcate sei dall'altra parte della strada. Dalla gola senti salire una parola. Chiara. Netta. Indiscutibile. "N-e-s-s-u-n-o". Inghiotti, vorresti ricacciare indietro anche lei. Niente da fare. Non se ne va. Come un'assoluta certezza.

I soliti trucchi di una mente inquieta che periodicamente ti lascia cadere negli stessi tranelli da una vita. Sai che quegli echi non sono che una realtà parziale, frutto delle tue batterie che ogni tanto si scaricano. Che non sono la realtà. Ma purtroppo sono la tua. E ti rimbalzano dentro, producendo una fitta che ti inchioda ancora una volta all'ineluttabile verità della tua esistenza: un continuo percorrere sentieri tortuosi da reinventare ogni giorno per sfuggire a un'assenza. L'assenza di un posto nel mondo che tu senta interamente tuo e a cui tu appartenga. Un posto in cui tornare senza la voglia, dopo un po', di scappare ancora, e ancora, e ancora. Un posto che non esiste, per quelli come te. Quelli nati con il gusto per l'autocommiserazione che, ciclicamente, si alterna alla forza di un leone per cercare di costruire un mondo che non c'è e che non ci potrà mai essere, perché altrimenti esisterebbe già. 

Cinicamente empatica. Questo lo sei sempre stata. Odi tutti ma poi in fondo vorresti aiutarli. Chi? Cosa? Perché? Perché non arrendersi ed accettare che chi nasce solo, solo rimane, se non per qualche fugace istante di immersione in un brodo sociale che per un attimo scalda, poi stufa, poi lasci andare di nuovo fino a rimpiangerlo. E via andare, in un infinito pirandelliano recriminare la voglia di cambiare identità, città, connotati. E riprovare ancora lo stesso disgusto che sai albergare da qualche parte dentro di te, nonostante i tuoi momenti di fugace serenità conviviale. 

Il volume al massimo, al sicuro nel cubicolo con cui ti riporti a casa, pensi, attraversando una galleria della superstrada, ad una di quelle magie da film in cui, mentre si è in viaggio, d'improvviso qualcosa accade. Si scompare dal qui ed ora e ci si ritrova in un'altra era, un'altra epoca, un'altra realtà. La galleria dura meno di un minuto, più avanti ce ne sarà un'altra e là ripeti lo stesso pensiero. Nulla accade, ovviamente, ma tu chiudi gli occhi e un po' ci speri. Intanto, infastidita, mandi avanti uno dopo l'altro tutti i brani che la playlist ti propone. Non ti capita mai di farlo così tanto e con tanta impazienza, ma stasera non te ne va bene una. Finché non trovi lei... un seducente loop chitarristico iniziale che, guarda caso, termina in una eco che si sposa perfettamente con l'atmosfera lunare e con le prime parole, che sembrano scritte proprio per te. 

Peccato che dopo pochi secondi, premendo inavvertitamente il tasto sbagliato, finisci per far partire un nuovo brano senza più riuscire a recuperare il precedente. L'unico che ti aveva, per un attimo, sottratto ai cattivi pensieri. 
Per fortuna avevo memorizzato il titolo.


YUKI, AKA PRISMA
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Soundtrack: Light - Jon Bryant

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