C'è troppa fragilità in giro. E aspetta solo che qualcuno l'accolga.
Alcune persone sono come spugne, o specchi. Calamite per il dolore altrui. Talvolta ci si trova nel ruolo della spugna, talvolta in quello del liquido che vuole essere assorbito.
Nell'aprirsi all'Altro tante sono le dinamiche che entrano in gioco. Ciascuno è portatore di un vissuto che agisce in nome e per conto di chi lo contiene. Diventa allora imprescindibile porre le giuste barriere.
Ma come, senza ricadere nella trappola della fuga dal mondo? Si può "stare" senza farsi fagocitare o, viceversa, senza scappare? Me lo chiedo, oggi, che infinite scaglie di fragilità altrui mi hanno raggiunto da ogni lato, nel mio tentativo di darmi nuove opportunità di espansione nel mondo reale. La mia spirale ha cambiato direzione, ma in questo espandersi ha incontrato "troppo" e tutto insieme.
Ci dev'essere qualcosa in me (anzi, lo so per certo) che richiama questo tipo di interazione, che spinge le persone ad affidarmi carichi emotivi e personali molto profondi. Intendiamoci, mi sento onorata e privilegiata per questo. E lo desidero, anche. E' che diventa un problema quando una parte di me spalanca oltremodo le porte e lascia entrare molto più di quanto mi sia umanamente possibile gestire. E' come se incoraggiassi, in alcuni, una richiesta esagerata a cui devo poi costringermi a porre un limite. Ho imparato a farlo oggi molto più che in passato, ma evidentemente ci sono persone con cui ancora emerge questo mio tallone d'Achille. E fa male.
Obiettivi imprescindibili per il mio prossimo futuro: imparare a dosarmi in maniera più salutare per me e improntare le relazioni umane su un piano che non sia necessariamente quello della "salvatrice" o, viceversa, anche perché non c'è proprio nessuno da salvare. Ci si può stare accanto, per quanto possibile, ma ciascuno è in fondo responsabile ultimo della propria salvezza. E questo, ovviamente vale anche per me.
YUKI, AKA PRISMA
Soundtrack:Take It Or Leave It - MadnessNell'aprirsi all'Altro tante sono le dinamiche che entrano in gioco. Ciascuno è portatore di un vissuto che agisce in nome e per conto di chi lo contiene. Diventa allora imprescindibile porre le giuste barriere.
Ma come, senza ricadere nella trappola della fuga dal mondo? Si può "stare" senza farsi fagocitare o, viceversa, senza scappare? Me lo chiedo, oggi, che infinite scaglie di fragilità altrui mi hanno raggiunto da ogni lato, nel mio tentativo di darmi nuove opportunità di espansione nel mondo reale. La mia spirale ha cambiato direzione, ma in questo espandersi ha incontrato "troppo" e tutto insieme.
Ci dev'essere qualcosa in me (anzi, lo so per certo) che richiama questo tipo di interazione, che spinge le persone ad affidarmi carichi emotivi e personali molto profondi. Intendiamoci, mi sento onorata e privilegiata per questo. E lo desidero, anche. E' che diventa un problema quando una parte di me spalanca oltremodo le porte e lascia entrare molto più di quanto mi sia umanamente possibile gestire. E' come se incoraggiassi, in alcuni, una richiesta esagerata a cui devo poi costringermi a porre un limite. Ho imparato a farlo oggi molto più che in passato, ma evidentemente ci sono persone con cui ancora emerge questo mio tallone d'Achille. E fa male.
Obiettivi imprescindibili per il mio prossimo futuro: imparare a dosarmi in maniera più salutare per me e improntare le relazioni umane su un piano che non sia necessariamente quello della "salvatrice" o, viceversa, anche perché non c'è proprio nessuno da salvare. Ci si può stare accanto, per quanto possibile, ma ciascuno è in fondo responsabile ultimo della propria salvezza. E questo, ovviamente vale anche per me.
YUKI, AKA PRISMA
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