27.8.07

Ritorno alla realtà



Dopo due settimane in stato di grazia, fuori dal mondo e dal tempo abituali, il rientro duro e traumatico alla realtà è dolce amaro e sa di autunno che fa capolino tra le foto ricordo, le cartoline e i panni da lavare.

La mia "home" estiva in giro per l'Europa, tra ostelli, cartine, affittacamere, autostrade, lingue sconosciute e scatolette di tonno, è un'abitudine a cui da qualche anno a questa parte non posso più rinunciare. E quando mi sono abituata al ritmo della mia vita da semizingara di città, è già tempo di rientrare e riprendere le vecchie cattive abitudini. Di ritrovare le piacevoli piccole cose di cui hai imparato a fare a meno lontano da casa.

La tua stanza è come l'avevi lasciata, pronta per essere riempita di te e dei tuoi nuovi oggetti. Prove, testimonianze che è stato tutto vero. Mania occidentale di conservare materialmente il vissuto.

Guardi tutte quelle cianfrusaglie, combattuta tra la voglia di buttarle via per liberare spazio e la paura irrazionale di perdere con loro tutti i tuoi ricordi. Sai già chi vincerà.

Infili la chiave nella toppa. Non c'è nessuno in casa. Meglio. Ho bisogno di tempo e solitudine per rientrare nella mia vecchia dimensione. Disfo i bagagli. Annuso l'aria. Riconosco odori familiari.
Malinconia e voglia di ripartire subito. Di non voler aspettare un altro anno.



Una musica che sa di balera entra dalle finestre aperte insieme alla canicola e all'umido di una Roma a 40°. Una musica che prima mi fa sorridere, poi chiudere gli occhi e venire voglia di lasciarmi andare. Immagino i movimenti lenti ma ritmati di coppie di anziani con la voglia di vivere nelle scarpe. Penso ai miei genitori, a come vorrei che anche loro fossero così spensierati.

Rumore di chiave nella toppa. Eccoli, rientrano. Saluti e mia madre che è ancora arrabbiata con me perchè non sono rientrata sabato, come mi aveva ordinato.

Mi sbrigo a risistemare tutto. Non voglio polemiche. Non oggi. Poche ore e riparte lo show. Parole velenose colpiscono i punti deboli per provocare. Non mi trattengo. Rispondo. E poi comprendo. Lei non è più come prima. Lo è solo per brevi momenti. Non lo fa apposta. Non si rende conto... Ma questo non rende le cose più facili.

Chiudo la porta della mia stanza, accendo la mia radio. Chiudo gli occhi e ballo...
Allora balla non aver paura se la notte è fredda e scura non pensare alla pistola che hai puntata contro balla alla luce di mille sigarette e di una luna che t'illumina a giorno...


[A mio padre, ai viaggi in macchina insieme quando,
i piedi in aria, sdraiata sul sedile posteriore,
mi lasciavo cullare dalla musica... ]

Soundtrack: Balla Balla Ballerino - Lucio Dalla

13.8.07

Freestate

I can hear your soul crying
Listen to your spirit sighing
I can feel your desperation
Emotional depravation

Let yourself go
Let yourself go
Let your feelings show

Picking up the conversations
Deep in your imagination
Tune in to the lonely voices
Talking of their only choices

Let yourself go
Let yourself go
Let your spirit grow

Step out of your cage
and onto the stage
It's time to start
playing your part
Freedom awaits
Open the gates
Open your mind
Freedom's a state

I can taste the tears falling
A victim that's inside you calling
Yearning for a liberation
Emotional emancipation

Let yourself go
Let yourself go
Let your senses overflow

Step out of your cage
and onto the stage
It's time to start
playing your part
Freedom awaits
Open the gates
Open your mind
Freedom's a state

Soundtrack: Freestate - Depeche Mode

11.8.07

Sogno un Volo




Di nuovo. Il copione è sempre lo stesso. Svegliarsi e accorgersi che niente è cambiato. Un incubo a occhi aperti.
La convivenza sotto lo stesso tetto si fa sempre più pesante. Scontri inevitabili. Ormai non rispondo nemmeno più alle provocazioni. Me le lascio scivolare addosso fino al prossimo crollo della diga, quando la mia rabbia non riuscirà più a contenersi dietro lo schermo di una finta indifferenza.

Una casa che non sento interamente mia. Che mi fa sentire un'eterna adolescente. Come se non avessi mai compiuto diciott'anni, mai preso una laurea, mai lavorato, mai fatto un cazzo di niente.
Finché sto qui, sarò sempre una figlia da rimproverare, criticare, soffocare, controllare.

Lei, madre controllo. Che non ha una vita propria e come un parassita si nutre delle vite altrui. Brutto dirlo, ma è così. Da un po' di anni a questa parte. Da quando è cambiata irreversibilmente. Da quando non la riconosco più.

A volte vorrei afferrarla e sbatacchiarla e dirle: "Tu non sei mia madre! Dove hai messo quella vera?". Il tempo sistema le cose, dicono. In questo caso non fa che peggiorarle. I suoi sbalzi d'umore mi costringono a una continua altalena emozionale. I suoi occhi, un tempo dolci e rassicuranti, ormai molto spesso mi fanno paura.

La amo e la odio con tutta me stessa. Le auguro il male, poi mi pento e rimpiango quello che ho pensato. Nostalgia di un passato che ormai ho forse idealizzato fino a superare i confini tra realtà e fantasia.

Ancora non sono pronta ad andarmene. Ma intanto sogno un volo. Un volo che mi sospinga lontano. A volte ho paura al pensiero di perderla, anche se mi fa stare male. Ma so che averla vicina significherebbe rinnovare ogni volta lo stesso copione. Continuerebbe a interferire in ogni mia decisione.

Lacrime troppo a lungo trattenute premono contro le pupille. Non voglio che escano, non adesso. Devo essere forte. Avere pazienza.

Home... Cammino, passo dopo passo, per raggiungerti...



Soundtrack: Home - Depeche Mode

10.8.07

Blue Feeling



Una cappa scura avvolge la mia stanza. Mentre risistemo i frammenti delle mie vite passate
sento le gambe indolenzite. Avrò camminato troppo su strade sconosciute.
Echi ora delicati ora violenti rimbombano dentro di me. Ho paura. Del domani. Di non farcela a scalare la montagna che mi sbarra il passo.
Un risveglio molesto mi ha incatenato a una giornata malinconica. Mi preparo al volo, ma non ricordo più come si spiegano le ali.
Home... Non è ancora tempo per la mia nuova dimensione.

Soundtrack: Home - Depeche Mode




1.8.07

Io Ballo Da Sola!

Oggi è una di quelle sere mosce. Una di quelle sere in cui ti riprometti di fare tutto quello che di solito non riesci a fare. Leggere un libro che ti hanno prestato per esempio (Anna Funder "C'era una volta la DDR"), vedere gli episodi mancanti di The 4400 o di Jericho o magari di Heroes... Questi ultimi in inglese, con sottotitoli.



Eppure dopo varie chiacchierate al telefono, finisco per arrivare quasi alla mezzanotte senza aver fatto nessuna delle cose che mi ero ripromessa. Inevitabilmente vengo irretita da questo magico calcolatore interfacciato col mondo. Un mondo che tanto virtuale non è, se è in grado di regalarmi tante emozioni in parole, immagini e musica.

Comunicazione. Già. Quella per la quale esiste persino una laurea... Dov'è che l'ho nascosta? Ah, sì, nell'armadio del salone, insieme a varie ortopanoramiche.

Stasera, come sempre mi capita in questi ultimi mesi, mi sarei volentieri buttata da qualche parte a sentire musica dal vivo. E magari, perchè no, a ballare sulla sabbia a ritmo dei Cappello a Cilindro. E invece no. Me ne sto a casa. Pazienza.

Credo di essere veramente drogata di musica. Non ne faccio a meno quasi mai. Nemmeno a lavoro. Nemmeno la mattina quando mi sveglio. La musica mi segue in cucina, in bagno... Una eroica radiolina a pile è la mia siringa. Un vizio ereditato da mio padre. Anche lui ne ha una. Anche mamma. Ognuno ha la sua radiolina a pile, che porta con sé ovunque.

Abbiamo paura del silenzio? Non credo. Credo sia piuttosto la voglia inconsapevole di accompagnare ogni gesto, anche il più insulso, con una colonna sonora. Come a rendere tutto meno prosaico. In realtà è un'abitudine talmente automatica, che ormai non ce ne rendiamo neanche più conto. Un po' come respirare.

Prima di uscire di casa, infilo gli auricolari nelle orecchie e mi avvio di corsa giù per le scale. Come al solito, sono in ritardo. Odio esserlo, ma è più forte di me.

Cammino a ritmo delle canzoni. Mi muovo a tempo. Sicura di me. Mi sento una strafica. Anche se non lo sono. Potere delle sette note. E del rock. Il mio genere preferito. Quello che sa darmi sempre la carica giusta. Il mio eccitante senza effetti collaterali, tranne un po' di indolenzimento alle mie piccole orecchie. "Piccole come quelle di un bambino". Ogni volta che vado da un otorino mi sento ripetere sempre lo stesso commento. Eppure questi micro padiglioni auricolari non mi hanno impedito di avere da sempre un forte legame con la musica.



Un tempo suonavo anche. Il pianoforte. Ero bravina, mi dicevano. Poi, un giorno, il nulla. Una brusca interruzione. Un po' causa forza maggiore, un po' causa mille altri impegni, un po' a causa della posizione attuale dello strumento che non favorisce uno studio solitario al riparo da occhi e orecchi indiscreti. In realtà anni fa è scattato in me una specie di blocco, un rifiuto di suonare, per motivi che non sto qui a spiegare. Che magari sono solamente un alibi.

Rimpianti? Forse. Ho sempre sognato di far parte di una band. Sarà per questo che mi tuffo con passione nei concerti. Per provare un po' il brivido della musica suonata davanti a un pubblico, della musica che ti fa vibrare davanti a tante altre persone. Che ti fa sudare e sognare. Che ti fa dimenticare e ricordare.

Un giorno, chissà, potrei decidere di comprarmi una tastiera con le cuffie. Un giorno, magari, potrei ricominciare a suonare. Adesso no. Ho scordato tutto. La sola idea di aver perso la mia abilità di un tempo mi terrorizza.

Per ora mi accontento di ballare, con tutta l'energia che ho in corpo. Per scacciare i dèmoni che ho dentro. Per accogliere la vita. Quella vita che in più di un'occasione ho rischiato di veder franare come una montagna di sale. Quella vita che a volte ho maledetto. Quella vita che ho capito che mi spetta.

Voglio ballare fino a star male. Fino a farmi girare la testa.

Anche da sola.



Soundtrack: Billy Idol - Dancing With Myself